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Uva spina indiana: proprietà e benefici

Ci sono tanti nomi per riferirsi alla Phyllanthus Emblica L., una pianta originaria dell'India che si è diffusa in tutta l'Asia. Emblica officinalis, uva spina indiana, emblica, amla, amalaki... Tante parole diverse per descrivere un arbusto che produce bacche giallo-verdi, piuttosto acidule, molto usato nella medicina tradizionale indiana, l'Ayurveda, che da secoli impiega tutte le parti della pianta, dai semi ai frutti, fino ai fiori.

Alla scienza l'uva spina indiana interessa perché, secondo le analisi, sarebbe ricca di antiossidanti naturali come la vitamina C (o acido ascorbico) e i polifenoli, tra cui spiccherebbero i tannini (che si trovano anche nell'uva e nel vino) e i flavonoidi, pigmenti vegetali antiossidanti. Numerosi studi ne hanno evidenziato benefici, riconosciuti anche dal Ministero dello Salute, per le difese immunitarie, come tonico-adattogeno per il ripristino delle energie e della forza, per il controllo dell'acidità gastrica e per il corretto funzionamento del fegato.
Le ricerche suggeriscono che potrebbe avere anche un ruolo di antiossidante generale per i fumatori, per la pelle secca e per le malattie ricorrenti, grazie ai suoi possibili effetti sulle difese naturali dell'organismo. Nelle banche dati delle pubblicazioni scientifiche l'uva spina indiana ha fatto capolino relativamente di recente, ma con il nuovo millennio si è assistito a una crescita costante di ricerche dedicate. Di seguito sono citati, a mo' di esempio, alcuni studi che suggeriscono i lavori in corso.

Dalla medicina tradizionale indiana ai farmaci moderni

Le piante sono alla base della medicina tradizionale indiana, l'Ayurveda. Oggi, come ricorda una revisione di studi pubblicata nel 2017 su Biomedicine & Pharmacotherapy, i bioattivi delle piante sono sempre più utilizzati per creare nuovi farmaci derivati dai fitochimici, cioè le sostanze che si trovano naturalmente nelle piante. Nel caso dell'uva spina indiana, spiega la ricerca, sono tanti gli impieghi nell'Ayurveda grazie alla presenza di polifenoli, in particolare tannini e flavonoidi. La review li passa in rassegna (si ipotizzano proprietà antiossidanti, antitumorali, immunomodulanti, antinfiammatorie, anticancro, per i disturbi epatici, per l'artrite e così via), suggerendo che la Phyllanthus Emblica L. potrebbe essere impiegata nei moderni farmaci per le sue possibili attività di immunopotenziatore, antinfiammatorio e antitumorale.

fonte scientifica

Un potenziale alleato antiage per la pelle delle donne

Gli antiossidanti sono sotto le lente della scienza anche per gli effetti antiage che potrebbero avere sulla pelle. Se ne occupa per esempio uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo apparso su Biotechnology and Applied Biochemistry. I ricercatori hanno esaminato l'effetto dell'assunzione orale di mirtillo rosso e di estratto di frutto di uva spina indiana sulla salute della pelle di 99 donne sane. Le partecipanti sono state divise in tre gruppi: il primo gruppo ha ricevuto una bevanda con 25 mg di estratto di mirtillo rosso e 30 mg di estratto di uva spina indiana, il secondo gruppo una bevanda che conteneva il doppio degli estratti e il terzo un placebo. Tutte le donne hanno bevuto ogni giorno, per dodici settimane, 50 ml della bevanda che era stata loro assegnata. I ricercatori hanno analizzato l'elasticità e lo spessore della pelle, il contenuto di acqua nello strato corneo e le rughe intorno agli occhi. Dopo tre mesi, sono stati osservati significativi miglioramenti nella pelle di chi aveva assunto mirtillo rosso e uva spina indiana, maggiori per la dose maggiore. Lo studio suggerisce quindi che l'assunzione orale di estratti di Phyllanthus Emblica L. potrebbe essere un alleato antiage per prevenire l'indebolimento della pelle.

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I composti fenolici potrebbero avere proprietà antitumorali

Nell'uva spina indiana si potrebbero nascondere degli alleati nella lotta ai tumori? Se lo è chiesto uno studio apparso nel 2012 su Food Chemistry, che ha valutato in laboratorio le proprietà immunomodulanti (cioè di modifica del sistema immunitario) e il potenziale antitumorale di sei composti fenolici dall'uva spina indiana, attraverso test di proliferazione in vitro. Per essere precisi, gli scienziati hanno studiato gli effetti dei sei composti sulle cellule di carcinoma mammario umano e sulle cellule di fibroblasti polmonari umani. I risultati sembrano suggerire un'attività antitumorale di questi composti, che potrebbe essere collegata alle loro proprietà immunomodulanti, a loro volta da attribuire all'attività antiossidante.

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Uno studio suggerisce un miglioramento delle funzioni endoteliali

Le piante potrebbero custodire principi molto efficaci che devono, quindi, essere anche sicuri per l'uomo. Proprio all'efficacia preventiva e alla sicurezza della Emblica Officinalis Gatertn o uva spina indiana è dedicato uno studio randomizzato, in doppio cieco, crossover controllato con placebo pubblicato a marzo 2020. Nel test quindici adulti sani hanno ricevuto 500 mg al giorno di uva spina indiana o di placebo per 18 settimane. I ricercatori hanno analizzato diversi parametri di efficacia e hanno notato, in chi ha assunto l'emblica, miglioramenti significativi nella fluidità del sangue, una crescita del colesterolo buono (HDL) e una diminuzione dei livelli di colesterolo cattivo (LDL). Inoltre, non sono stati osservati cambiamenti sostanziali nell'epatotossicità, nelle analisi delle urine e nell'ematologia: il che suggerisce che l'integrazione sia ben tollerata dall'organismo.
Secondo i dati raccolti dallo studio, quindi, l'assunzione di uva spina indiana potrebbe essere collegata a un miglioramento delle funzioni endoteliali (l'endotelio è il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore) e a una riduzione dello stress ossidativo.

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Sindrome metabolica, un possibile aiuto

Uno studio del 2019 si è concentrato sui possibili effetti benefici della Phyllanthus Emblica L. su persone con sindrome metabolica, un insieme di fattori di rischio (simili a quelli dell'obesità) che aumentano la possibilità di sviluppare diabete e patologie cerebro e cardiovascolari. Lo studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, ha valutato l'effetto di 250 mg e 500 mg di estratto acquoso del frutto, assunto due volte al giorno, su diversi fattori di rischio, come la disfunzione endoteliale (collegata all'aterosclerosi), lo stress ossidativo, l'infiammazione sistemica e il profilo lipidico. Secondo i dati raccolti, sono stati osservati miglioramenti significativi in tutti i parametri, soprattutto con il dosaggio da 500 mg.

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La vitamina C che riduce lo stress ossidativo

Se l'Emblica Officinalis è considerata dalla medicina tradizionale un potente antiossidante è per via dell'alto contenuto di acido ascorbico o vitamina C: 100 grammi di frutta ne conterrebbero da 1100 a 1700 mg, secondo quanto riporta una ricerca su The American Journal of Chinese Medicine. Le arance rosse, tanto per fare un paragone, contengono 53 mg di vitamina C per 100 grammi di frutta (secondo le tabelle nutrizionali del Crea Alimenti e nutrizione).
Lo studio si è chiesto se l'integrazione con un estratto di uva spina indiana potesse ridurre lo stress ossidativo nei pazienti con uremia, vale a dire lo stadio terminale dell'insufficienza renale. I risultati ottenuti dai ricercatori suggeriscono che l'integrazione potrebbe aumentare il potere antiossidante plasmatico e ridurre lo stress ossidativo, mentre non ci sarebbero effetti sulla funzionalità epatica o renale.

fonte scientifica

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